sono nella cucina della mia casetta di milano, le pareti rosse e blu fanno da scenografia mentre io cerco di intraprendere un viaggio allucinante sul viale del tramonto dei ricordi da nerd per trovare le parole giuste e commentare la morte di John Doe.
Chi è John Doe? per i ben pensanti un fumetto, che più o meno tutti i mesi, da più di 9 anni accompagna i miei viaggi in edicola, le mie giornate, la mia vita... insomma John Doe è stato un compagno di viaggio per me.
Ma ora che da bravo blogger ho dato le regole d'ingaggio e le informazioni necessarie per capire di cosa si sta parlando lasciatemi iniziare una storia, una storia che inizia tanto tempo fa in una galassia lontana lontana...
Primo Tratto
Dissolvenza in bianco.
C'è molta gente, insomma quasi una folla.
Sono accalcato vicino ad altri ragazzi muniti di zainetto e camicia a quadri, mentre faccio la fila in maniera involontaria per avvicinarmi ad uno stand dove un grasso uomo con pochi capelli firma e vende poster di un personaggio dei fumetti che non conosco.
Sono ad una fiera di fumetti, ho 26 anni, una quasi laurea in lettere moderne ed uno splendido futuro da disoccupato.
Aspetto paziente il mio turno, la puzza di scarpe da ginnastica è talmente forte che fa da colonna sonora al momento, ho uno zaino squallidetto comprato da mia madre in un mercatino di periferia, ho circa 10 euro in tasca, e ci debbo arrivare a sabato ed è solo domenica.
Indosso una camicia a quadri eredità di mio cugino, un jeans di uguale provenienza ed ovviamente un paio di scarpe da ginnastica.
Leggo fumetti da circa 10 anni, e ovviamente sogno di lavorare nel mondo dei fumetti, purtroppo però non so disegnare ne tanto meno sceneggiare, il che, come dire avvalora la frase di cui sopra, secondo la quale ho uno splendido futuro da disoccupato.
Le ragazze sono per me sono fantascienza quanto la promessa del sempre splendido futuro da disoccupato, ed il mio massimo di relazione è una cotta non ricambiata che dura da mille anni. Insomma sono un gran bravo ragazzo che crede nell'amore eterno e passa i pomeriggi in lacrime pensando ai bastardi di cui s'innamorano le ragazze da cui prende dei ciclici 2 di pikke.
Internet ha il sapore dei 56k e l'ombra di una bolletta telefonica da incubo che evocherà il demone oscuro che vive dormiente dentro mia madre.
Vivo a Quarto, paesino meravigliosamente squallido della provincia napoletana, dove il più grande viaggio sono 15 fermate di metropolitana extraurbana senza biglietto per arrivare all'università.
Ho un asma di classe C, un inalatore in borsa per salvarmi la vita (e per non tradire lo stereotipo del nerd) ed una memoria di corse e ricoveri in ospedale che fanno di me il miglior conoscitore del servizio sanitario locale (che a Napoli è tutto un dire!).
Intanto la fila è avanzata, sono davanti al grasso uomo con pochi capelli che firma e vende poster di un personaggio dei fumetti che non conosco.
Sono emozionato, mi sembra di essere ad un colloquio di lavoro per un posto come direttore della Marvel Comics Mondo, il tipo grasso di cui sopra mi chiede cosa prendo in accento romano, io farfuglio qualcosa che sembra la parola "poster" e "autografo", lui mi guarda con aria svogliata ed annoiata e dice qualcosa che suona più o meno come "3 euro". Io preparo le monete per il saggio baratto ed aggiungo qualcosa del tipo "lavorare fumetti" con la stessa intonazione con cui E.T. dice "telefono casa".
Il tipo resta svogliato, resta grasso e resta ovviamente calvo, ma aggiunge una frase da storia del cinema "ah va beh! allora sei del settore, per te sono 2 euro!".
Io sono felice, e mi ripeto tipo mantra "mi ha rivolto la parola, un esperto e grande professionista del settore fumetti mi ha rivolto la parola". e così mosso dal coraggio del mantra aggiungo: si vorrei lavorare nel settoredei fumetti, ... non è che lei potrebbe... consigli...mi....
Ma non finisco la frase che sono spinto via dalla folla, faccio in tempo solo ad ascoltare il grasso e calvo grande professionista che ripete con aria svogliata al ragazzo che era dietro di me la frase: "ah va beh! allora sei del settore, per te sono 2 euro!".
Era il giugno del 2002 e da li a poco avrei scoperto che il poster era di un nuovo fumetto dal titolo: John Doe.
Mi piace pensare che in quel momento io abbia sorriso guardando il disegno di Carnevale sul poster, e mi sia sentito felice.
Secondo tratto
Dissolvenza in bianco.
C'è molta gente, insomma è decisamente una folla.
Sono ciondolante ed annoiato nei pressi dell'edicola grande della stazione di Bologna Centrale, sto aspettando un treno, vado a Roma, sono in attesa del mio Frecciarossa e fumo distrattamente una Camel Light.
Sono a Bologna da quasi due anni, ho 30 anni, una laurea in lettere moderne e sono un impiegato nel settore marketing-consulenza-ed-ufficio-stampa di una mediamente-nota casa editrice di fumetti bolognese.
Aspetto paziente il mio treno, la puzza di ferro da binario insieme allo smog fa da contorno alla mia vita, ho una 24 ore in pelle abbastanza usata da sembrare vecchia di 20 anni che mi porto dietro dal giorno della laurea, cioè da quando mi fu regalata da mia madre, come premio per aver preso un bel 110 e tanta discoccupazione quattro anni prima, ho circa 30 euro in tasca, e ci debbo arrivare fino a sabato ed è solo giovedì, ma ho tanto bisogno di comprare fumetti.
Indosso una camicia a righe di due taglie più grandi, una cravatta da venditore d'auto americano, un completo gessato regalo di amici di famiglia, che neanche ricordavano la mia taglia ed ovviamente un paio di scarpe da ginnastica Hogan false (perchè mi sento ribelle a portarle sotto il completo e perchè non ho altre scarpe al momento).
Leggo fumetti da circa 16 anni, e ovviamente ho inseguito il mio sogno di lavorare nel mondo dei fumetti, purtroppo però non so disegnare ne tanto meno sceneggiare, il che, come dire avvalora la frase di cui sopra, secondo la quale sono impiegato nel settore marketing-consulenza-ed-ufficio-stampa di una mediamente-nota casa editrice di fumetti bolognese .
Le ragazze sono per me sono un sogno che si è realizzato, ho la mia prima relazione importante, amo una ragazza come non mai, le cotte sono un ricordo che non conservo più, e quando dormo con lei, sono felice come neanche un film o un romanzo potrebbero raccontare. Insomma sono un gran bravo ragazzo che crede nell'amore eterno e passa le domeniche pomeriggio in casa a scambiarsi la vita e l'esperienza tra sorrisi e sogni, e spesso alzo un dito medio pensando ai bastardi di cui s'innamoravano le ragazze da cui prendevo i ciclici 2 di pikke, sapendo cosa si stavano perdendo rinunciando all'amore eterno.
Internet ha il sapore di emule e torrent, mentre l'ombra di una bolletta telefonica è sparita, visto che ho da poco avuto anche un blackberry aziendale.
Vivo a Bologna, città incredibilmente meravigliosa che sembra essere la capitale del mondo, dove il più grande viaggio è Tokyo dall'aereoporto Marconi per arrivare a fare affari con kodansha, shueshia e perdersi tra le meraviglie nerdistiche di akiabara.
Ho un asma di classe C, tre inalatori in borsa per salvarmi spesso la vita (e per non tradire lo stereotipo del nerd) ed una memoria di corse e ricoveri in ospedale che fanno di me il miglior conoscitore del servizio sanitario locale (che a Bologna dire perfetto è poco!).
Scorro lo scaffale dei fumetti dell'edicola di cui sopra in fame chimica di letture nuove, e scorgo una copertina surrealista con il titolo: Nella gabbia
Era l'ottobre del 2008 e da li a poco avrei riscoperto che ancora pubblicavano il fumetto dal titolo: John Doe.
Mi piace pensare che in quel momento io abbia sorriso guardando il disegno di Carnevale sulla copertina, e mi sia sentito felice di aver ritrovato un fumetto che non leggevo da 13 numeri.
Terzo tratto
Dissolvenza in bianco.
C'è molta gente, insomma è molto più di una folla.
Sono felice come se fossi in paradiso, sono nei pressi dello stand dell'Aurea, e sto guardando con aria incuriosita la gente che si annoia dietro il bancone, c'è anche il signore grasso e calvo di anni prima, solo che ora è meno grasso e più calvo, ed ha in braccio sua figlia; so benissimo il suo nome, conosco la sua bravura nello scrivere di pagliacci tristi, e ho una chiara idea di che ruolo ricopre nella casa editrice romana.
Sono a Lucca Comics and Games, ho 35 anni, una laurea in lettere moderne, un master e vari corsi d'inglese e sono un manager nel settore televisivo per l'infanzia di uno dei più grandi editori europei, mi occupo di gestire investimenti ed acquisti su serie a cartoni animati e telefilm .
Passeggio felice e con aria incuriosita per sondare quale numero mi manca, la puzza di scarpe da ginnastica satura l'aria di una tensostruttura enorme in Piazza Napoleone, ho uno zaino regalo della sony rimediato al party di lancio a Cannes della nuova serie a cartoni animati di Spiderman, ho una carta di credito visa in tasca, e ci debbo arrivare fino al 20XX data di naturale scadenza, ma ho tanto bisogno di comprare fumetti e debbo ricordarmi che a fine mese arriva l'affitto e l'assicurazione dell'auto quali numeri mi mancano.
Indosso una t-shirt nera di Benetton, un cardigan con capuccio (a memoria delle felpe con capuccio che amavo a16 anni) un jeans di calvin klein preso in sconto all'outlet di brescia, e ovviamente un paio di scarpe da ginnastica Hogan originali (perchè mi sento alla moda a portarle sotto il jenas di marca e perchè non ho altre scarpe al momento, in quanto le Hogan hanno un prezzo da brivido).
Leggo fumetti da circa 20 anni, e ovviamente ho inseguito con sacrificio totale il mio sogno di lavorare nel mondo dei fumetti, purtroppo però non so disegnare ne tanto meno sceneggiare, il che, come dire avvalora la frase di cui sopra, secondo la quale sono un manager nel settore televisivo per l'infanzia e ho sviluppato un certo know-how per il mercato dell'animazione e delle serie tv, tanto da poter scegliere in quale fumetto c'è un'idea tale da farlo migrare nel media televisivo.
Le ragazze sono per me sono un sogno che si è realizzato e che ho perso quando ho lasciato finire da schifo la mia prima relazione importante della mia vita con L'unica RagaZzA, ovviamente l'amo come non mai, ma sto imparando che i maschi sono degli stronzi a prescindere, e quando mi rigiro nel letto matrimoniale vuoto, sono infelice come neanche un film o un romanzo potrebbero raccontare. Insomma sono un gran bastardo che crede nell'amore eterno e ad altre bugie che noi uomini siamo bravi a raccontare a tutti, anche a noi stessi, e spesso ripenso ai bastardi di cui s'innamoravano le ragazze da cui prendevo i ciclici 2 di pikke, sapendo bene cosa stavano vivendo.
Internet ha il sapore di megavideo e l'ombra di emule è sparita sostituita dal termine streaming, visto che ho da poco avuto un abbonamento in fibra ottica.
Vivo a Milano, città incredibilmente grande e fredda, così diversa dalla Bologna in cui avevo lasciato la famiglia dei miei migliori amici con i quali avevo condiviso i precedenti 6 anni, ma a ben guardarla sembra essere la capitale del futuro, con le sue promesse e la sua velocità, dove il più grande viaggio è fare il pendolare tra Londra, Parigi e Cannes, con un ritmo che rasenta una settimana si e l'altra pure.
Ho un asma di classe C, sempre tre inalatori in borsa, una macchina per l'aereosol e troppe pillole di cortisone per salvarmi troppo spesso la vita (e per non tradire lo stereotipo del nerd) ed una memoria di corse e ricoveri in ospedale che fanno di me il miglior conoscitore del servizio sanitario locale (che a Milano dire perfetto è superficiale, specialmente se hai una buona assicurazione medica privata!).
Scorro il bancone dello stand dell'Aeura, facendo caso alle varie pubblicazioni, ragionando per Excel, cercando di capire i break-event-point delle pubblicazioni, esplorando rapidamente le prospettive di sviluppo e migrazione in altri media, per poi fermarmi da bravo nerd sui numeri che mi mancano del mio fumetto preferito.
Li raccolgo dal bancone, e li porgo al signore meno grasso e più calvo di cui sopra, lui li guarda con aria svogliata, fa capolino da dietro la figlia che l'abbraccia, mi degna di uno sguardo prossimo allo zero assoluto, e mi dice che sono 9 euro.
Io pago, qualche moneta memoria di resti di altri acquisti, e rifiuto una sportina di plastica, mentre con gioia stringo i fumetti tra le mani e poi saluto con un "complimenti signor B." a voce bassa.
Era il primo giorno del novembre 2011 e da li a poco sarei corso in un bar a bere una birra, fumare una sigaretta e leggere i tre numeri arretrati del fumetto dal titolo: John Doe.
Mi piace pensare che in quel momento io abbia sorriso guardando il disegno di De Cubellis sulle copertine, e mi sia sentito felice di non aver sentito il signore meno grasso e più calvo, pronunciare la frase "ah va beh! allora sei del settore, per te sono 2 euro!".
Quarto tratto
Dissolvenza in nero.
C'è molta gente, insomma è molto più una folla, sono 99 numeri e sono sparsi nelle mie librerie che sto provando a mettere in ordine, sono 99 numeri sparsi nella mia vita, e lasciatemi dire che quindi sono una folla.
John Doe, ha chiuso ed io non sono mai riuscito a ringraziare di persona Bartoli e Recchioni, so tanto delle loro vite, grazie alle sceneggiature che mi hanno fatto compagnia in questi 99 numeri (e al blog di recchioni).
So tanto o forse niente di loro, ma debbo ringraziarli perché tratto dopo tratto hanno "disegnato" un compagno di viaggio che mi ha fatto emozionare e sorridere per anni, e questo è davvero tanto per 98 pagine in bianco e nero ogni mese.
E se qualcuno di voi miei 42 lettori pensa che i fumetti siano solo un divertimento, un gioco, un passatempo per bambini o per adulti immaturi, insomma se pensate che siano un beato Niente...
Lasciatemi dire che grazie a quel Niente io ho costruito la mia professione, la mia vita, il mio futuro.
E per questo che rubando il titolo dell'ultimo numero di John Doe, mi permetto di dire che anche grazie a lui che oggi sono l'uomo che il mondo guarda ogni mattina in giacca e cravatta entrare in ufficio o prendere un aereo sempre sorridente.
Quindi lasciatemi dire: Grazie di Niente, John!
Ah, se non sapete come si disegna un grande fumetto non abbiate timore la risposta è semplice:
(con accento romanesco stile Romanzo Criminale). A Tratti.
PS: se poi volete sentire della buona musica guardate il video che feci anni fa su John Doe... ;)
manca poco alle 22 di una domenica sera di un marzo che regala primavera alla città di Milano.
C’è un soundtrack improvvisato che si diffonde nella mia solitaria casetta rossa e blu, attualmente la vecchia sigla della serie tv CinCin regala un’atmosfera pulita e nostalgica al videoclip della mia vita, mentre cerco di mettere Ordine ai miei pensieri per dare il via ad un nuovo straordinario episodio di [Classe-76]. Il tema di questo nuovo strampalato nerdistico e nostalgico episodio sarà (tenetevi forte perché questa rivelazione non vi cambierà per niente la giornata): Le migliori città della nostra vita.
Ok, perché parlare di città in un episodio della rubrica che prova a raccontare il mare di luoghi comuni in cui siamo cresciuti noi trentenni contemporanei è presto detto. Ci sono luoghi che sono diventati leggende nella nostra adolescenza e che a prescindere se siano poi divenute nostre nuove dimore o meno, sono rimaste ferme-congelate nei ricordi del nostro passato.
Ora che ci siamo tolti il dente del perché , rompiamo gli indugi e facciamo partire il nostro personale viaggio nel tempo (igor mi raccomando le polaroid le voglio belle!!!)
Bologna
Ovviamente non potevo partire da altra città. Bologna si è guadagnata un posto nell’immaginario di noi trentenni in quanto è diventata scenografia dei nostri sogni universitari. Personalmente ho iniziato ad amare e idealizzare Bologna grazie al DAMS. Se avevi 18 anni negli anni 90 ed eri in fissa per i cartoni animati, i fumetti ed il cinema, il DAMS sembrava essere la Mecca dove dover andare a pregare per poter immaginare un futuro lavorativo nelle nostre passioni. Ho provato in tanti modi a convincere la mia famiglia a mandarmi fuori-sede al DAMS ma alla fine tutto aveva il sapore di una litigata ed i sogni del capoluogo dell’emilia-romagna vivevano solo nei racconti dei colleghi d’università che ci erano andati veramente. I portici, le case editrici di fumetti, le Feltrinelli ovunque, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, gli MTV Day, i tortellini, le ragazze con l’accento marcato ed il sorriso in primo piano, questa era la mia Bologna , semplicemente impossibile e semplicemente reale.
NB: nota biografica per i curiosi: alla fine a Bologna ci ho speso 6 anni della mia vita, ci ho costruito:
1 - una Famiglia d’Amici;
2 - Il ricordo dell’Amore che ho rovinato;
3 – i sogni professionali
Roma
Se siete vissuti nel sud italia per un’adolescenza e mezza allora avete anche voi visto in Roma la linea di confine tra le gite scolastiche di terza liceo e i primi lavori. Roma era una Bologna in minore, o semplicemente una Bologna più raggiungibile. La nostra capitale mi si è scolpita nell’animo con il suo accento tirato e comico conosciuto prima da miliardi di film con Enrico Montesano e poi dal vivo, con calma senza fretta ma soprattutto con gli amici. Se bologna era la scenografia di musica, libri e fumetti, Roma era nell’immaginario la scenografia di mille film e mille pagine di libri di scuola. Eppure passeggiare per Prati, andare in auto verso l’alba a spiare i fori imperiali, fingersi stranieri sotto il colosseo o perdersi nel San Pietro visitata con i genitori nelle gite della parrocchia, non ha prezzo, ed ancora oggi quando di sera passo per campo dei fiori non posso fare a meno di fermarmi incantato dal vociare che rende unica la città immortale. Ma Roma era anche la prima fermata nel treno, rigorosamente Espresso, per la maturità per molti ventenni targati anni 90 con i suoi primi lavori ed il suo sapore di smog e storia.
Londra
La mia città, quella che amo, quella che sogno ancora oggi quando sono da solo con tanta voglia di musica , parchi e fumetti. Londra era la scusa giusta per diventare camerieri passati i ventanni, era la città di cui tutti ti raccontavano e che finivi per immaginare sempre meno bella di quello che sarà sempre. Ricordo il mio primo lavoro per l’agenzia di viaggi dello zio, la scoperta dei Cab, le prime birre, i pounds che suonano belli DELle sterline, il forbiden planet, il virgin store (pace all’anima sua) con la sua musica da ascoltare gratis per chi ancora viveva con le cassettine duplicate male di vasco e ligabue, Piccadilly Circus che ogni volta ti toglie il fiato per il freddo ed i mille colori, Hyde Park con il suo verde senza fine e quelle onde colorate che si chiamano scoiattoli (che prima erano per me solo Chip e Chop), i fumetti in lingua originale, i bollitori, i musical, e le ragazze bionde (miliardi di ragazze bionde, che poi cioè alla fine le bionde non ti sono mai piaciute, ma mai viste così tante come la prima volta che sei sceso a Piccadilly Circus) e poi… tanti poi… Se qualcuno di voi mi chiedesse, perché amo Londra, beh metterei su il White Album dei Beatles e poi… basta così.
Firenze
Che sarebbe come dire una bella barzelletta che magari fa ridere poco o niente ma che quando ha quell’accento lì, tutto aspirato e con tanta Cocacola, ci ridi fino a lacrimare, magari seduto per strada in mezzo alla cultura italiana bevendo Moretti e dividendoti una sigaretta con gli amici. Firenze ha un posto speciale nel cuore dei Classe-76 perché rappresenta l’arte ed i weekend. Andare a Firenze non vuol dire andarci a vivere o a passare una serata con gli amici, firenze è sempre un lungo weekend e non chiedetemi perché. I fiorenti ed i toscani in generale sono il sale del nostro Bel Paese, ci ho speso mesi della mia vita tra vacanze estive con i parenti, viaggi da colleghi che poi alla fine diventano amici. E alla fine Firenze resta questo una bella passeggiata nel centro, non la città delle serate folli ma quella dove scoprire l’arte tenendo sempre gli occhi puntati verso l’alto ed un sorriso in tasca sempre pronto.
Napoli
O ci siete nati o ci avete fatto l’università. Io entrambe in un colpo solo. E’ la città che mi accompagna, quella che mi tengo stretta al cuore, quella che avete amato dalle canzoni di Pino Daniele (se qualcuno qui ascolta quel tipo di nome Gigi siete pregati di andare su altri blog, GRAZIE), quella dei 99 posse sempre e comunque, quella degli Almamegretta, quella dei presepi e del mare che ti spezza il fiato ogni volta che lo ammiri da Posillipo, quella della pizza che a’cu’sì ta puo’ scurdà guagliò. Ecco questo è napoli, certo è molto altro, ma se ci passate chiamatemi, Napoli è l’unica città del mondo in cui non mi perdo mai, e vi farei vedere gli angoli più belli, quelli che vi entrano e bruciano per sempre. Si dice: Vedi Napoli e poi muori. Ma non ho mai capito cosa voglia dire… quindi fate voi miei 42 lettori, che siete più bravi di me.
Milano
E’ la città dell’essere grandi, dell’essere maturi, del lavoro, dei tram e del divertimento. Non ho mai amato milano, eppure giorno dopo giorno mi faccio conquistare da questa signora gentile. La città sembra essere uno shekerato di tutte le altre di cui abbiamo parlato prima, ma con un taglio in più. A milano, tutto sembra realizzabile, tutto sembra vero, e se guardi da vicino, se non ti fermi all’apparenza tutto è vero sul serio. Sembra impossibile eppure la città che meno avevo considerato nella mia vita, quella di cui senti sempre parlare ma che non vedi mai, quella che era troppo in alto con la sua Sergio Bonelli, la Mediaset, la Mondadori, gli uomini con capello e cappotto, quella della moda e di radio deejay, quella è la città in cui vivi bene, anzi vivi sempre meglio. Qui i sogni sono veri e poche chiacchiere.
Barcellona
Napoli in Do Maggiore. Una città in cui tutto è ampio e sembra portati al mare, la città delle tapas e delle ramblas, quella degli Skap e della lingua che è magica e sensuale sempre, dove i sorrisi non sono promesse e la libertà ha il sapore di un film di Almodovar. Una città che ti fa gridare: ci resto, fermate il mondo ci resto. Ma poi alla fine l’aereo riparte ma ti resta la voglia di tornarci, ma forse non di viverci, perché in fondo Barcellona è un estate, e nel bene o nel male l’estate finisce sempre.
E alla fine siamo giunti alle conclusioni finali miei cari 42 lettori, come sempre spero di non avervi perso dopo le prime tre righe, ma se pure fosse va bene così perché alla fine il primo lettore di questo blog sono io, e quello che scrivo serve prima di tutto a me e al mio percorso per cercare di Mettere Ordine in Casa.
Per la cronaca finiamo con una citazione, una volta dopo che io avevo già rovinato tutto, mentre viaggiavo per milano in notturna, più o meno all’altezza di uno dei mille semafori di cadorna, L’unica RagazZa mi ha detto una di quelle frasi per cui ogni tanto allungo ancora la mano sul sedile anteriore cercandola: le città sono belle per le persone che ci vivono e non per altro.
ed io per fortuna ho conosciuto tante belle città.
La playlist è finita, ora la mia casetta rossa e blu e piena solo del mio tichettare alla tastiera, adesso è tempo che vi chiudo la porta… ho da ricordare l'ultima città.
una tosse spezzante mi trancia il respiro. Vivere d'asmatico non e' proprio semplicissimo.
Certo ci sono cose molto peggiori, come essere infestato da alieni insettoidi che covano le uova nel nostro torace, o finire come cavia da tortura in club di dediti alla scarnificazione periodica delle vittime, ma non sempre si riesce a cogliere il lato positivo della giornata certe volte.
Ho fiducia in alcuni punti fermi, ed uno di essi, uno che mi da piacevole sicurezza e' il vivere in simbiosi con la mia tosse.
E' stata una compagna fedele, per anni, non mi ha mai tradito, c'e' stata sempre, senza timore di far male e senza mai farsi dimenticare.
Ho passato una vita in cerca della compagna perfetta (#credici tanto pensi solo a L'unica RagazZa, nota del blogger), ma alla fine mi sono reso conto di averla sempre avuto accanto e non aver mai distinto la sua presenza: la Tosse Asmatica.
Essere malato periodicamente implica mille conseguenze, la prima e' che passi molto tempo a letto.
Cio' significa che leggi tantissimo (naaaa), guardi tantissima tv (si anche ma non sempre), ti ammazzi di fai-da-te (#ovvio), giochi poco con gli altri (cioe' diventi #nerd).
E cosi dopo questa lunghissima premessa ecco arrivare l'inconfondibile sigla della rubrica che tanto amate, signori e signore, belli e barbuti, nani e uomini nei polmoni d'acciaio, ecco a voi un nuovo glande episodio della rubrica [Classe-76], dal titolo: i migliori libri della nostra vita (ll primo che dice moccia e vespa rischia una giostra di paccheri... E qui nessuno fa la pasta):
Jack Frusciante e' uscito dal gruppo.
Ok, e' stata la tua personale prima-cotta letteraria. Era una calda estate di meta' anni 90, io avro' avuto più' o meno sedici-tante-seghe-anni, ed ero in vacanza lampo (dopo i quindici anni odiavo andare in vacanza con i miei genitori e mi ritagliavo un massimo di 15 giorni nella loro casa al mare tra le urla di mia madre) a minturno, dove passavo il tempo ad andare in bici, a fumare di nascosto da solo, e a visitare ogni edicola nel raggio di ventordicilima kilometri. Alla fine in un edicola lontana quasi 200 metri da casa dei miei acquistai pochissimi fumetti (all'epoca solo Dylan tante-seghe-con-le-sue-donnine-nude Dog) ma rimasi colpito da una rivista (brrrrr le riviste le leggeva mia madre) tipo a fumetti: una certa Linus, con in allegato un romanzo. Ricordo di aver pensato che ci poteva stare comprare un libro per la prima volta nella mia vita. Prima di allora se escludiamo la Bibbia, il primo capitolo (o era la prima pagina??!!!) de I ragazzi della via Pal, e dicasi ben tre capitoli del capolavoro Moby Dick, non avevo mai letto nulla di nulla (forse neanche un quotidiano o una rivista di mia madre, al massimo il postal-market ma ci facevo altro invece di leggere). Comunque non so per quale ragione, o per quale reflusso di coscienza, avevo la strana voglia di leggere un fumetto ma senza disegni.
Penso di aver iniziato a leggere il romanzo allegato a Linus poco dopo essere arrivato a casa, tra balcone, letto, sdraio, bagno, spiaggia, lungomare, panchine e scale... E di aver smesso solo a libro finito.
Fu assurdo, era un libro sgrammaticato, inconsistente, povero e lento, ma era uno specchio della mia vita.
Anzi era uno specchio di come avrei voluto la mia vita.
Io non ascoltavo i red hot chili peppers, non conoscevo amici con cui alcolizzarmi tra vodka e abbracci del mulino bianco, non avevo la bici per andare a scuola, e non avevo la vita del vecchio Alex D., ma ovviamente sognavo di averla. Sognavo Bologna, sognavo un amore come quello con Aidi: puro, incontaminato, semplice ma travolgente. Per anni ho atteso una Aidi nella mia vita, alla fine quando e' arrivata però, ero io ad essere sparito... al mio posto c'era solo uno stronzo VERO.
Il Giovane Holden
Ok se jack frusciante e' uscito dal gruppo era il big bang della lettura, il giovane holden era la prima stella grande dell'universo.
La vita di Holden, non era la mia, io ero lontano anni luce dai suoi anni, eppure le domande che si poneva, i dubbi con cui attraversava la strada della vita erano i miei. I suoi pensieri erano una versione grammaticalmente corretta dei miei. Con il tempo ho amato questo romanzo sempre di più e alla fine ancora oggi mi faccio delle domande su dove siano finite le anatre quando gela il laghetto.
Due di due.
Ok ok ora non insultate a sedici anni oltre ad ammazzarmi di seghe ero anche romantico. E se conosco bene anche voi, nati come me tra il finire dei gloriosi settanta e i primi anni dei futuribili ottanta, questi romanzi li avete amati come e quanto me. Fatta la necessaria premessa, torniamo al romanzo di Andrea De Carlo. Allora, diciamo che il romanzo non era uno specchio di come sognavo d'essere ma era letteralemnte un Romanzo, i cui protagonisti avevano un certo appeal che li rendeva simpatici ed emotivamente adiacenti alla mia vita. Formalmente e' il motivo per cui ho amato questo romanzo, volevo una vita come quella dei protagonisti (e anche un cane come quello del protagonista).
Cristhine F, noi i ragazzi dello Zoo di Berlino.
Ok questa e' stata una pugnalata al cuore. Avevo circa 18/19 anni e questo romanzo mi ha tenuto compagnia, come solo un coltello a lama lungha infilato con forza tra le costole, sa fare. Il romanzo era con me sempre, chiuso in uno zainetto, e pronto ad emergere con la sua carica di tristezza e dramma. Ho amato il romanzo perche' i protagonisti erano simili a me nell'approccio alla vita, con la differenza che la loro vita, era fatta di eroina, david bowie, berlino, sesso, piscio e lacrime.
IT
Ero innamorato follemente di questa ragazza del terzo banco. Ne sono stato innamorato per tot, come solo gli amori non corrisposti sanno durare. Soffrivo per lei tantissimo, e avrei fatto di tutto per poter stare con lei (e fidatevi anche solo l'idea di fare sesso con lei era distante miliardi di anni luce). Pur di vederla ho passato un estate nel suo paesino, seduto un po dove capitava lungo il tragitto tra casa sua e la chiesa, nella (#vana) speranza di vederla passare. Con me c'era (una volta) il buon vecchio zio stephen king, ed i ragazzi di Derry. Insomma quel libro era un condensato di horror anni 50 americano e dei sogni di un gruppo di 15enni perdenti ma fantasiosi. Eppure quei ragazzi della provincia-provincia americana erano mitici nel loro essere perdenti, e cosi la mia bici divenne Silver, anche se era di un pacchiano color oro, ed ogni volta che solcavo le strade rotte e senza asfalto della provincia napoletana, urlavo con la pazzia dei sedici anni: ehi oh silver!! E mi sentivo un eroe perdente del romanzo di King, e tanto mi bastava per non sentire le pene dell'amore non corrisposto.
Il piccolo principe.
Allora tirate il freno a mano, mettete in pausa skyrim, salvate la vostra partita di batman: arkam city, e prestate attenzione, perche' qui si parla del mio romanzo preferito. C'era una volta, ma c'e' anche adesso una mia Amica (di quelle vere, di quelle che restano anche se a kilometri di distanza) di nome Marcella, tale fanciulla nella sua vita mi ha regalato e/o fatto scoprire più di un romanzo, e tra questi c'e' la fiaba del piccolo principe. Ora dovete capire che io sono talmente in fissa con sto romanzo che tipo in ogni paese in cui finisco per lavoro (#spesso/sempre) o per piacere (#mai) ne compro una copia in lingua. La storia tra la volpe ed il piccolo principe, con la loro questione su "l'addomesticarsi" mi ha sempre commosso. Anche se poi a dirla tutta, il mio passo preferito e' l'altro, quello in cui il bambinetto principesco chiede al serpente se ha del buon veleno, perche' vuole morire.
Oh si beh in effetti e' triste come parte, ma cosa volte farci, ormai l'avrete capito sarò pure uno stronzo ma sono uno stronzo romantico (#credici). e poi c'è quella frase.. si va beh conoscete tutti quella frase quella sull'invisibile. quella mi ricorda troppo un mmojito bevuto da solo in un bar, ma questa è una storia che può capire solo una persona... L'unica RagazZa.
Ok ragazzi ho raccontato abbastanza, ho messo nuovamente in fila i ricordi della mia adolescenza, e ho cercato come sempre di farvi passare in allegria qualche minuto, magari mentre siete a casa soletti o in ufficio cazzeggianti.
ora torniamo al mondo reale però, che io come sempre ho da Mettere Ordine in Casa.
benvenuti ad una nuova fantastica (#credici) puntata della rubrica [diario].
Come i miei amati 42 lettori sanno, questa rubrica è semplicemente un flusso di coscienza, libero e puro (se puro io? non sono più puro da quando avevo 13 anni, e ho scoperto ....), che coglie un trentacinquenne come me quando la voglia di tv sparisce e la necessità di condividere i pensieri straripa su di una tastiera.
Non so se capita spesso anche a voi, ma io quando sono in metro o in tram, immagino, sogno, indago.
I miei sguardi furtivi sono tutti per gli altri passeggeri, li analizzo come un novello e più stupido Sherlok (si quello del telefilm! i romanzi? eh???!), cercando d’immaginare le loro vite oltre quel viaggio, le loro vite oltre.
Ma fidatevi di me se vi dico che nel mio indagare non c’è malizia, ma pura e semplice curiosità. Sono curioso, per natura e amo imparare, e cerco in tutti quelli che incrocio nella mia vita di trovare uno spunto, una frazione che mi permetta di comprendere vite distanti e mai tangenti alla mia.
Oh, già vi vedo pronti davanti ai vostri schermi, a lamentarvi della mia ennesima filosofia da blogger , ma se avrete pazienza forse vi divertire con me in questo stupido viaggio nell’universo dei viaggiatori.
Nella mia vita ho vissuto e lavorato in molte città, ma in ogni città ho trovato le medesime abitudini di viaggio.
Tipologie di viaggiatore:
1 – il disperso nella lettura. Che sia un quotidiano (ovviamente freepress) o un libro, il loro sguardo è sempre simile: sognante. Hanno l’aria di chi il viaggio lo ama e lo vive come un’isola felice dove regna il tempo di qualche pagina. Sono vestiti distrattamente, non hanno la fissa dell’abbinamento, e questo perché per loro uscire di casa è funzionale solo al poter leggere.
2 – il cellulare. Mediamente hanno circa 16 – 35 anni, e passano le loro brevi trasferte in metro o in tram con gli occhi puntati su uno schermo, mediamente I-coso, tra sms, email o whatapp , sorridono ciclicamente. Alla fine penso che il loro scrivere e leggere compulsivo ignorando il mondo e l’umanità che fa da cornice al loro viaggio, sia mirato unicamente al non sentirsi soli. Nel loro sporadico sorriso trovano la soddisfazione del tanto digitare. Che poi sorridano per una mail di lavoro, o per un sms di amici, amiche, mogli, mariti o amanti non ha valore, tutto è scritto e letto solo in funzione del sorriso.
3 – fissità tipica del gatto. Sono quelli che non sono in tram o metro ma in un mondo parallelo, in cui la loro vita è stata messa in “pause” sul grande dvd della vita per la durata del viaggio. Sono immobili, ghiacciati, senza espressione, sembrano dei manichini vestiti (di solito male) fuori stagione. Per loro il viaggio non conta, conta solo il loro pensare.
4 – impazienti. Agitati cronici, spesso studenti o manager, per loro il viaggio è una sofferenza, una tortura di cui farebbero volentieri a meno. Sono vestiti “allentati”, tutto è affanno nel loro essere, non stanno seduti e guardano il cellulare solo per distinguere l’orario. Vivono spesso in prossimità delle porte e leggono i nomi delle fermate anche se conoscono a memoria il tragitto.
5 – maniaci delle pulizie. Hanno un fazzoletto e si tengono alle aste anti-caduta (o come giudaballerino si chiamano) solo attraverso un fazzoletto di carta usa e getta. Sono infastiditi, non amano chi li circonda e considerano il resto dei viaggiatori un peso. Passerebbero le loro vite nelle loro immacolate auto, ma per via delle ZTL o del costo della benzina sono costretti ad abbassarsi ai mezzi pubblici.
6 – i gruppi. Che siano ragazzini o signori in gita, hanno tutto un sorriso stupito per ogni fermata. Non amano il viaggio ma amano il condividere il viaggio con gli amici o i colleghi. La loro caratteristica: spettegolano di tutto e di tutti. Se con discrezione li ascoltate potrete sapere più informazioni di una wikipidia verbale a luci rosse.
7 – i pazzi. Quelli a cui il destino ha giocato lo scherzo di guardare il mondo con troppa emotività. Sono incasinati, sporchi e attacca parole, il solo scrutarli farà nascere una conversazione con voi, che nella maggior parte dei casi continuerà anche quando voi sarete usciti dalla metro e loro diretti al capolinea.
8 – gli anziani. Semplicemente emozionati dalla paura del viaggio, che vi rivolgeranno la parola a qualsiasi costo, per sentirsi meno soli. A me ricordano i blogger, anche loro come me, sono spinti dalla necessità di esprimere il traffico che hanno dentro, con chiunque, nella speranza di sentirsi meno soli.
9 – Gli osservatori. Ehi calma, non ho detto quelli della serie tv Buffy, questi sono quelli che come me vi scrutano e provano ad immaginarvi. Vi guardano le scarpe, i vestiti, ma sono discreti e divertiti, insomma fondamentalmente curiosi.
Beh, questi sono i miei compagni di viaggio da quando tredicenne timido presi la metro da solo per la prima volta. Sono sempre diversi ma sempre uguali, cambiano nell’abbigliamento ma non nelle tipologie. E grazie a loro che ogni volta che salgo in un tram, in un autobus, in una metro, in un treno mi sento un pochino a casa.
A loro va il mio grazie, perché a loro modo anche loro, ci sono sempre stati.
Quando piangevo per L’unica RagazZa, quando chiudevo le telefonate con mia madre, quando incerto mi chiedevo cosa ne sarebbe stato di me al lavoro, quando distrattamente tremavo per un esame che non avevo studiato, o quando semplicemente ho trascorso un pezzo della mia vita con loro.
Grazie a tutti voi che non mi avete mai conosciuto.
Ah, se salite in un mezzo pubblico domani, guardatevi intorno, se un ragazzo vi sorride, non è un cretino che ci sta provando, ma forse sono io che vi sto dando un posto nella mia temporanea famiglia viaggiante.
well, siamo arrivati. Si scende, dai tutti in fila usciamo dalla mia mente, che anche per oggi ho provato a Mettere Ordine in Casa.
torno a scrivere un post da un treno dopo tanti anni.
Ho sempre pensato che i treni fossero il luogo dove le persone cullate dal dondolio della velocità su binari, riescono a lasciar spazio ai ricordi nei propri pensieri.
Sarà che forse i finestrini come film monotoni ma incantevoli concilino il perdersi nei ricordi dei passeggeri che hanno la buona educazione di dimenticare il cellulare.
Il mio viaggio di oggi non è di lavoro, ma di piacere, ed uno di quei viaggi che si compiono per salutare una partenza.
Anzi meglio per celebrare una partenza. Molti di voi avranno notato la fascetta che troneggia nel head di questo blog, che recita “I love bologna”.
La fascetta non è lì per motivi calcistici (schifo il calcio e trovo le partite di una noia mortale) ma come ricordo della città dove vive una parte della mia famiglia acquisita.
Nei primi anni del nuovo millennio, mi sono trasferito a Bologna, inseguendo il sogno di uno stage nel mondo dei fumetti. Ho lasciato Napoli, in corsa, di fretta, come quando si esce di casa per comprare un pacchetto di malboro light, per cercare di realizzare i miei sogni infantili.
Ho rinunciato ad un lavoro a Tel Aviv e sono partito per il capoluogo dell’Emilia-Romagna,per il capoluogo dei fumetti, per il capoluogo dei miei futuri. Arrivato nella città ho vissuto per qualche tempo nella solitudine di un collegio per lavoratori (in buona parte muratori di 40 anni che vivevano bologna come terra promessa in cui cercare un lavoro all’alba degli anni della grande crisi italiana) in periferia. Dopo nove mesi,dal mio arrivo da fuori-sede-in-ritardo Bologna era diventata coperta dalla fredda neve che io conoscevo solo dai film-tv del pomeriggio di canale 5, io ero coperto da un lavoro (lo stage si era per magia trasformato in un contratto) ed io stavo solcando la soglia di una casa in via del Chiù, per fittare una camera grande come un ripostiglio, ma ai miei occhi biblioteca infinita e perfetta per archiviare i prossimi annidella mia vita disordinatamente.
In quella casa avrei trovato gli amici, i fratelli e L’unica RagazZa. Certo nei fazzoletti di liberta che la passione per il mio lavoro mi lasciava sporchi in camera non c’era molto per costruire amicizia ed altro, ma il calore, le litigate, le convivenze forzate avevano trasformato le mie domeniche in tavole imbandite con tovaglie tutte diverse e mai troppo grandi, in piatti di plastica e bicchieri unici e mai uguali (neanche in coppia per sbaglio) di nutella, lavatrici a turno, sigarette fumate di nascosto, nessuna solitudine ed un citofono che suonava più di roger waters ubriaco con mille voci che rispondevano semplicemente:IOOOO.
Erano gli anni in cui A. il prode pastore, Dsan e la dieta del dott. Yamanaka, Il capitano di vita Jean Luc, M. l’uomo con la-ciolla-in-mano, F. la ragazza di cagionevole salute e M. la vicina, si erano uniti a me per creare il più eterogeneo, fancazzista, casinista, ben assortito gruppo di supereroi che per semplicità e affetto chiamo famiglia acquisita (per la modica cifra di 5 euro!).
In quegli anni avevamo eletto a nostro luogo di culto il locale finto caraibico Characol,dove anche se non ordinavi niente potevi finire ubriaco a ballare sui tavoli, e in cui le nostre vite si sono shekerate tra sorrisi, alcol e conoscenze diventavano affetto.
Tra 15 minuti il mio treno entrerà nella stazione della memoria di Bologna, ed io mentre sbircio i finestrini alle spalle di chi si è dimenticato il cellulare accesso e vicino alla bocca, posso distinguere tra le luci distanti che scappano verso milano e le ombre colorate degli altri passeggeri riflessi, le passeggiate ubriachi alle 5 del mattino sotto i portici, i film scaricati con emule e visti sulla tv a tubo catodico, gli stendini pieni di calzini e boxer infilati nel corridoio come auto in doppia fila all’ora di punta in pieno centro a Napoli, i pianti in cucina in ci raccontavamo la vita prima di bologna, gli abbracci dopo i giorni sbagliati e le serate stronze, le t-shirt assurde scambiate al color rosa indossate nella noia delle domeniche pomeriggio, le spese in gruppo al supermercato fatte al 98% d’alcol e soprattutto le solitudini quelle in cui non parli ma i tuoi amici ti leggono, quelle che avvengono dopo le brutte telefonate a casa, quelle che non condividi ma che gli altri capiscono prima di te.
Ora il mio flashblack dissolve in bianco e sono ancora seduto nel mio freccia rossa, lamia vita è cambiata, e noi forse siamo maturati, forse siamo cresciuti, siamo diventati fragili e distanti, vittime felici delle nostre scelte, le mie sbagliate, le loro sempre speciali con me.
L’affetto non è cambiato,la mia vita si, ma 200 kilometri non mi tengono distante dalla famiglia, e poi questa sera abbiamo da festeggiare, anzi da celebrare, e state sicuri che domani qualcuno dovrà reclamare,per tutti insieme non smettiamo mai di urlare che quando siamo insieme siamo come una fantastica famiglia a Natale.
Vi ho scritto di me, forse cosi per condividere o come sempre per Mettere Ordine in Casa.
(igor non mi sono dimenticato di te... dai forza con la polaroid strappa lacrime napuletane stile Romanzo Criminale)
PS: siamo io (quello senza capelli), il freddo ed il libanese. Ne mancano ancora due ma arriveranno... dall'altra parte sono pingoni.
la pioggia confina il grigio di Milano ad un'atmosfera d'autunno, mentre io lascio scorrere la mattina di un bel ricordo di lunedì sulla pelle bagnata.
Il sole sembra aver trovato la sua casa ideale in un altro cielo, ed io guardando la vita girare come un film dietro i finestrini bagnati del taxi in cui viaggio, non posso astenermi dal fare riflessioni tristi e stupide sulla mia vita.
Questa mattina, m'incatenavo come sempre alle nebbie del sonno verso le 6.15, cercando un traino d'alzata che mi liberasse dalla voglia di restare a letto tutto il giorno, ho alzato in dolby le voci (in rigorosa e sacra differita) di Linus e Nicola.
Non so voi, miei cari 42 lettori, ma qui le mattine sono fatte di sogni che si dimenticano in fretta appena svegli, e di una vita che si colora di corse, tram, caffè, tosse, what'sapp, playlist (che non riesco mai ad aggiornare... Uff... Ma quando carico l'album de "Lo stato Sociale"??!!), silenzi da mezzi pubblici, twitter, letture (a fumetti da parte mia), e colazioni saltate.
In questi giorni leggevo in bel blog made in UK le abitudini che mancano a chi la propria vita l'ha trasferita in nuove posizioni di google maps.
E mi e' partito un flashback modello Memento ma senza bianco-e-nero o tatuaggi da scoprire.
Ho ricordato la semplicità' di essere "fuori-sede" che avevano alcune ragazze di cui ero amico ai tempi dell'universita' (ma anche del grande real, di happy days, di ralph malph... Ops no quelli erano gli anni d'oro).
Non so se sia capitato anche a voi, ma per me quelle "ragazze-fuori-sede" erano una scoperta.
Non erano le fidanzate da passare a prendere il sabato pomeriggio per il giro in centro paese, in cui il massimo del dialogo erano le sue distratte (per te) chiacchiere sulla zia-cugina-che-poi-sai-che-ma-ti-ricordi-di-lei-la-domenica-di-pasqua-natale-etc-etc, in cui il tuo pensiero da maschio dominante era solo per (nell'ordine):
1 - la partita di resident evil 2 che hai lascito in "pause/still" sulla plaistascioon (sul pentimu 5 comprato a rate da tua madre e tuo padre seguendo le tue insistenze che senza non si poteva studiare all'università);
2 - quel numero dell'uomoragno che è bello bello e che c'era kraven il cacciatore e maryjane, e poi quella roba di tigre tigre che ti faceva sembrare belle le lezioni di letteratura inglese del liceo;
3 - il passare più tempo in libreria, perchè... mhmm... non sai perché ma ti faceva stare bene pendolare senza acquistare in quel luogo pieno di cultura (anche se tu al massimo avevi letto IT di stephen king, il giovane holden e jack frusciante è uscito dal gruppo);
4 - al fatto che era tardi, che magari volevi andare a casa, o forse boh, era tardi in generale e tutto non ti bastava più.
Le "ragazze-fuori-sede" erano quelle che avevano casa loro da visitare, una casa senza la figura dei genitori che poi facevano sembrare tutto più serio e precario, una casa in cui il letto era sempre sfatto e non aveva mai le lenzuola in coordinato, una casa in cui i mobili erano liberamente poco abbinati, ed in cui l'intimità di una ragazza (intesa, come trucchi, vestiti, libri, assorbenti) era disordinatamente visibile.
Erano case senza filtro, in cui l'adolescenza era presente nei ricordi o nelle foto attaccate al muro o su di un vecchio cartone maxi della Bristol, e tutto aveva il sapore della libertà dalla cameretta con le reminiscenze disney che avevano lasciato nella Casa, quella vera, quella dei genitori, quella in cui si tornava una volta al mese.
In quelle case ho scoperto la musica che non era più il rock da liceo, in cui i nomi dei gruppi erano reminiscenze anni '70 portate con disinvoltura nei cd sparsi sul comodino accanto al letto.
In quelle case ho scoperto il lato bello, meno costruito, più fragile ma più interessante delle ragazze.
In quelle case ho tinto i capelli di biondo, solo per ritrovare il parrucchiere di mia madre che mi faceva la tintura tra le risate soffocate degli avventori del mio piccolo paesino di provincia, quello stesso piccolo paese distante anni e anni luce e curvatura da quelle case culturalmente intriganti e disordinatamente ammirevoli.
quando 9 (e dico NOVE, chi offre di più, nove e uno, nove due, nove e tre! l'asta viene vinta dal signor V., che ritira un bel pacco di ricordi formato famiglia) anni fa andai a vivere da solo, ricordo ancora la prima valigia, rotta, fuori moda ma così dannatamente da "ragazzo-fuori-sede" che mi stava accompagnando nella città per eccellenza dei "fuori-sede": Bologna (=la mia altra, unica e dolce famiglia).
Da quel momento la mia vita sarebbe diventata disordinata, incasinata, con i poster alle pareti ed un cd degli smiths nel pc per ricordare a me stesso che alla fine dei conti, anche io ero diventato un vero, sincero ed incasinato "ragazzo-fuori-sede".
Ora la mattina, porto la giacca e la cravatta, sorriso con lo stereo nelle orecchie e (provo #credici) a vestire coordinato, ma quando sul glorioso tram numero 2 vedo salire una ragazza, con i vestiti poco abbinati, il capello un po' troppo grande, i guanti colorati ma tagliati (come una novella bassista) e poco trucco, non posso fare a meno di sorridere pensando a quanto ho imparato, di quanto quei ricordi non siano spariti, ma stiano lì ad attendermi, insieme al sogno de L'unica RagazZa mentre cerco di fare apparire la mia casa non più come l'emulazione di un appartamento "fuori-sede" ma come un Casa vera, una Casa dove i consigli urlati di mia madre e quelli dei silenzi di mio padre mi aiutino a sempre a Mettere Ordine in Casa.
(igor già sai quale polaroid passare.... pleaseeeeeeeee)
Buon Natale! A milano e' arrivata la neve, ed io personalmente mi sento nell'eps "speciale Natale" del serial tv della mia vita.
Milano coperta di bianco, e' un gioiello, specialmente per chi come me ha passato tanti anni sotto il sole, nella citta' in cui se piove e' gia' troppo e subito c'e' chi si lamenta (ma a napoli lamentarsi e' un must sempre quindi non fa testo).
Beh insomma, io di sole ne ho visto tanto ed ad un certo punto volevo vedere il mondo, il mondo in ogni sua diversità, ed e' per questo che la neve mi affascina ancora nel suo essere così diversa dal sole, ed anche il cielo grigio mi piace, mi fa sentire adulto.
Quando guardo il cielo grigio cemento (per dirla come il vecchio Alex D.) e sento profumo di neve, quando m'incanto durante un meeting aziendale a fissare una finestra su cui si proietta il più grande spettacolo dopo il big bang: la neve, allora sorrido. Sorrido pensando che non sono a Napoli, che quella bellissima unica citta' e' lontana, e questo vuol dire che ho trovato un lavoro in una citta' nuova, che ho seguito i miei sogni, che ho viaggiato, che ho una casa da solo, che mi mantego da solo, che i miei sogni mi pagano lo stipendo.
E questo gentili 42 lettori forse vuol dire che un pochino i miei sogni li ho realizzati.
Bene, ora potrete capire perche' se durante una nevicata mi incrociate sul tram 2, sulla linea verde, su di un taxi o di corsa sulla strada, guardandomi noterete che ho il volto rigato da alcuni fiocchi di neve sciolto, mentre come un bambino fisso sorridente il bianco.
Tra emozioni ed altro, tra troppa neve che mi bagna il viso, vi saluto tutti, miei compagni di viaggio in questa impresa di Mettere Ordine in Casa mia.