
venerdì 30 marzo 2012
[diario]: filosofia da maschio

sabato 24 marzo 2012
[diario]: al meglio a 35 anni
domenica 18 marzo 2012
[Classe-76]: Le migliori città della nostra vita
Gentili Tutti,
manca poco alle 22 di una domenica sera di un marzo che regala primavera alla città di Milano.
C’è un soundtrack improvvisato che si diffonde nella mia solitaria casetta rossa e blu, attualmente la vecchia sigla della serie tv CinCin regala un’atmosfera pulita e nostalgica al videoclip della mia vita, mentre cerco di mettere Ordine ai miei pensieri per dare il via ad un nuovo straordinario episodio di [Classe-76]. Il tema di questo nuovo strampalato nerdistico e nostalgico episodio sarà (tenetevi forte perché questa rivelazione non vi cambierà per niente la giornata): Le migliori città della nostra vita.
Ok, perché parlare di città in un episodio della rubrica che prova a raccontare il mare di luoghi comuni in cui siamo cresciuti noi trentenni contemporanei è presto detto. Ci sono luoghi che sono diventati leggende nella nostra adolescenza e che a prescindere se siano poi divenute nostre nuove dimore o meno, sono rimaste ferme-congelate nei ricordi del nostro passato.
Ora che ci siamo tolti il dente del perché , rompiamo gli indugi e facciamo partire il nostro personale viaggio nel tempo (igor mi raccomando le polaroid le voglio belle!!!)
Bologna
Ovviamente non potevo partire da altra città. Bologna si è guadagnata un posto nell’immaginario di noi trentenni in quanto è diventata scenografia dei nostri sogni universitari. Personalmente ho iniziato ad amare e idealizzare Bologna grazie al DAMS. Se avevi 18 anni negli anni 90 ed eri in fissa per i cartoni animati, i fumetti ed il cinema, il DAMS sembrava essere la Mecca dove dover andare a pregare per poter immaginare un futuro lavorativo nelle nostre passioni. Ho provato in tanti modi a convincere la mia famiglia a mandarmi fuori-sede al DAMS ma alla fine tutto aveva il sapore di una litigata ed i sogni del capoluogo dell’emilia-romagna vivevano solo nei racconti dei colleghi d’università che ci erano andati veramente. I portici, le case editrici di fumetti, le Feltrinelli ovunque, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, gli MTV Day, i tortellini, le ragazze con l’accento marcato ed il sorriso in primo piano, questa era la mia Bologna , semplicemente impossibile e semplicemente reale.
NB: nota biografica per i curiosi: alla fine a Bologna ci ho speso 6 anni della mia vita, ci ho costruito:
1 - una Famiglia d’Amici;
2 - Il ricordo dell’Amore che ho rovinato;
3 – i sogni professionali
Roma
Se siete vissuti nel sud italia per un’adolescenza e mezza allora avete anche voi visto in Roma la linea di confine tra le gite scolastiche di terza liceo e i primi lavori. Roma era una Bologna in minore, o semplicemente una Bologna più raggiungibile. La nostra capitale mi si è scolpita nell’animo con il suo accento tirato e comico conosciuto prima da miliardi di film con Enrico Montesano e poi dal vivo, con calma senza fretta ma soprattutto con gli amici. Se bologna era la scenografia di musica, libri e fumetti, Roma era nell’immaginario la scenografia di mille film e mille pagine di libri di scuola. Eppure passeggiare per Prati, andare in auto verso l’alba a spiare i fori imperiali, fingersi stranieri sotto il colosseo o perdersi nel San Pietro visitata con i genitori nelle gite della parrocchia, non ha prezzo, ed ancora oggi quando di sera passo per campo dei fiori non posso fare a meno di fermarmi incantato dal vociare che rende unica la città immortale. Ma Roma era anche la prima fermata nel treno, rigorosamente Espresso, per la maturità per molti ventenni targati anni 90 con i suoi primi lavori ed il suo sapore di smog e storia.
Londra
La mia città, quella che amo, quella che sogno ancora oggi quando sono da solo con tanta voglia di musica , parchi e fumetti. Londra era la scusa giusta per diventare camerieri passati i ventanni, era la città di cui tutti ti raccontavano e che finivi per immaginare sempre meno bella di quello che sarà sempre. Ricordo il mio primo lavoro per l’agenzia di viaggi dello zio, la scoperta dei Cab, le prime birre, i pounds che suonano belli DELle sterline, il forbiden planet, il virgin store (pace all’anima sua) con la sua musica da ascoltare gratis per chi ancora viveva con le cassettine duplicate male di vasco e ligabue, Piccadilly Circus che ogni volta ti toglie il fiato per il freddo ed i mille colori, Hyde Park con il suo verde senza fine e quelle onde colorate che si chiamano scoiattoli (che prima erano per me solo Chip e Chop), i fumetti in lingua originale, i bollitori, i musical, e le ragazze bionde (miliardi di ragazze bionde, che poi cioè alla fine le bionde non ti sono mai piaciute, ma mai viste così tante come la prima volta che sei sceso a Piccadilly Circus) e poi… tanti poi… Se qualcuno di voi mi chiedesse, perché amo Londra, beh metterei su il White Album dei Beatles e poi… basta così.
Firenze
Che sarebbe come dire una bella barzelletta che magari fa ridere poco o niente ma che quando ha quell’accento lì, tutto aspirato e con tanta Cocacola, ci ridi fino a lacrimare, magari seduto per strada in mezzo alla cultura italiana bevendo Moretti e dividendoti una sigaretta con gli amici. Firenze ha un posto speciale nel cuore dei Classe-76 perché rappresenta l’arte ed i weekend. Andare a Firenze non vuol dire andarci a vivere o a passare una serata con gli amici, firenze è sempre un lungo weekend e non chiedetemi perché. I fiorenti ed i toscani in generale sono il sale del nostro Bel Paese, ci ho speso mesi della mia vita tra vacanze estive con i parenti, viaggi da colleghi che poi alla fine diventano amici. E alla fine Firenze resta questo una bella passeggiata nel centro, non la città delle serate folli ma quella dove scoprire l’arte tenendo sempre gli occhi puntati verso l’alto ed un sorriso in tasca sempre pronto.
Napoli
O ci siete nati o ci avete fatto l’università. Io entrambe in un colpo solo. E’ la città che mi accompagna, quella che mi tengo stretta al cuore, quella che avete amato dalle canzoni di Pino Daniele (se qualcuno qui ascolta quel tipo di nome Gigi siete pregati di andare su altri blog, GRAZIE), quella dei 99 posse sempre e comunque, quella degli Almamegretta, quella dei presepi e del mare che ti spezza il fiato ogni volta che lo ammiri da Posillipo, quella della pizza che a’cu’sì ta puo’ scurdà guagliò. Ecco questo è napoli, certo è molto altro, ma se ci passate chiamatemi, Napoli è l’unica città del mondo in cui non mi perdo mai, e vi farei vedere gli angoli più belli, quelli che vi entrano e bruciano per sempre. Si dice: Vedi Napoli e poi muori. Ma non ho mai capito cosa voglia dire… quindi fate voi miei 42 lettori, che siete più bravi di me.
Milano
E’ la città dell’essere grandi, dell’essere maturi, del lavoro, dei tram e del divertimento. Non ho mai amato milano, eppure giorno dopo giorno mi faccio conquistare da questa signora gentile. La città sembra essere uno shekerato di tutte le altre di cui abbiamo parlato prima, ma con un taglio in più. A milano, tutto sembra realizzabile, tutto sembra vero, e se guardi da vicino, se non ti fermi all’apparenza tutto è vero sul serio. Sembra impossibile eppure la città che meno avevo considerato nella mia vita, quella di cui senti sempre parlare ma che non vedi mai, quella che era troppo in alto con la sua Sergio Bonelli, la Mediaset, la Mondadori, gli uomini con capello e cappotto, quella della moda e di radio deejay, quella è la città in cui vivi bene, anzi vivi sempre meglio. Qui i sogni sono veri e poche chiacchiere.
Barcellona
Napoli in Do Maggiore. Una città in cui tutto è ampio e sembra portati al mare, la città delle tapas e delle ramblas, quella degli Skap e della lingua che è magica e sensuale sempre, dove i sorrisi non sono promesse e la libertà ha il sapore di un film di Almodovar. Una città che ti fa gridare: ci resto, fermate il mondo ci resto. Ma poi alla fine l’aereo riparte ma ti resta la voglia di tornarci, ma forse non di viverci, perché in fondo Barcellona è un estate, e nel bene o nel male l’estate finisce sempre.
E alla fine siamo giunti alle conclusioni finali miei cari 42 lettori, come sempre spero di non avervi perso dopo le prime tre righe, ma se pure fosse va bene così perché alla fine il primo lettore di questo blog sono io, e quello che scrivo serve prima di tutto a me e al mio percorso per cercare di Mettere Ordine in Casa.
Per la cronaca finiamo con una citazione, una volta dopo che io avevo già rovinato tutto, mentre viaggiavo per milano in notturna, più o meno all’altezza di uno dei mille semafori di cadorna, L’unica RagazZa mi ha detto una di quelle frasi per cui ogni tanto allungo ancora la mano sul sedile anteriore cercandola: le città sono belle per le persone che ci vivono e non per altro.
ed io per fortuna ho conosciuto tante belle città.
La playlist è finita, ora la mia casetta rossa e blu e piena solo del mio tichettare alla tastiera, adesso è tempo che vi chiudo la porta… ho da ricordare l'ultima città.
giovedì 15 marzo 2012
[diario]: di viaggi, di scrittori e di flussi di coscienza
Gentili Tutti,
un sole di quasi primavera colora le grandi vetrate dell’Aereoporto di Heathrow nei pressi di Londra.
Sono di ritorno da una veloce trasferta in Inghilterra per lavoro, sono stato a Bristol florido centro televisivo a nord di Londra.
I tavolini del bar dove siedo sono in finto legno antico, un caldo the inglese fuma alla mia sinistra mentre scrivo sul mio nuovo MacBook Pro; ad un osservatore distratto potrei apparire uno scrittore immerso nel suo prossimo romanzo, che cerca ispirazione durante le pause di una trasferta improvvisa, ma purtroppo sono un semplice manager che complice la batteria scarica del suo blackberry ha trovato un attimo per aggiornare il suo amato blog.
Ora dovreste sapere, miei cari 42 lettori, che da quando ho aperto questo blog, spesso con gli amici ha luogo il seguente dialogo:
- Ehi V. sai che ho letto il tuo blog?
- Ah beh grazie, e quindi cosa ti è piaciuto?
- Si cioè scrivi bene, ma cioè sembra più un flusso di coscienza senza ordine, più che un blog.
- Ah… ok… si beh dai grande & grazie di essere passato.
Insomma accade così, un giorno sei felice del tuo blog, ed il giorno dopo ti stai chiedendo che stile tenere quando scrivi la tua amata rubrica [diario].
Alla fine ho deciso che non si può scegliere uno stile, che forse la grande differenza tra me ed uno scrittore è proprio lì (oltre che in un milione di lettori di differenza): essere liberi di scrivere senza uno stile.
Se fossi davvero uno scrittore, molto probabilmente ora sarei costretto a correggere, editare, accorciare o allungare i miei post, invece sono un blogger (e neanche famoso) della domenica, che scrivere solo nel desiderio di mettere in fila i propri pensieri, e quindi mi posso assumere la liberà di non scrivere bene o di usare uno stile eccessivamente personale.
Il fatto che a leggermi siate in pochi mi concede tante libertà, o forse il fatto che io mi conceda tante libertà fa si che siate in pochi a leggermi?
Bah, sinceramente la risposta non m’importa. Mi importa solo che qualche amico mio sia passato di qui ed abbia investito qualche minuto della sua vita per leggere come provo ogni giorno a mettere ordine in casa.
A questi miei amici dico grazie, perché ogni critica è costruttiva, e da esse posso imparare ad essere meglio di quello che sono.
In fondo se leggete questo blog da un poco sapete che lo scopo con cui è nato è proprio quello, essere un diario delle mie giornate mentre cerco di essere migliore, mentre cerco di mettere ordine in casa.
Ora visto che vi conosco per la vostra dipendenza dalle polaroid eccone una come ricordo della mia serata a bristol (igor per piacere muoversiiii!!):

giovedì 8 marzo 2012
[Classe-76]: i migliori libri della nostra vita (ll primo che dice moccia e vespa rischia una giostra di paccheri... & qui nessuno fa la pasta)
domenica 4 marzo 2012
[diario]: una domenica che forse non dimenticherai
alcuni dicono che il diavolo sia nei particolari, ma io da buon catto-comunista sono assolutamente sicuro che Dio sia nei particolari.
Oggi la mia vita e' stata scandita dai particolari. La prima domenica di marzo del 2012 (che scritto cosi fa molto film di fantascienza noir diretto dal fratello scemo di tony scott), forse sara' uno di quei giorni che dimentichero' come altri o forse no, e nel caso il forse-no e' tutto merito dei particolari.
Primo flashback in bianco.La mia hogan sinistra con la punta scollata.
Non trovo il tempo di incollare la scarpa, e mi vergogno come un cane ogni volta che la guardo.Ora la sto fissando, e penso di vergognarmi davvero tanto se qualcuno per strada notasse la mia hogan sinistra. Poi l'inquadratura si allarga, e sono su di una panchina della stazione centrale di milano, poco fuori dalla Chiesa della stazione. Sono al telefono, sto chiamando uno di quei numeri che non hai salvato in rubrica, uno di quelli che componi ancora alla vecchia maniera, senza copia/incolla o menate varie. La voce al telefono e' quella di mio zio.Ha sposato la sorella di mio padre e per questo si e' guadagnato me come nipote-premio. Era in sala parto quando mia madre mi ha dato al mondo, era in cucina in molti Natali mentre faceva cose da zio tipo insegnarti il poker (ah... Ecco per quello mi spiace zio, mi sono impegnato ma non sono riuscito a prendere il vizio) ed era in salotto quando ero con suo figlio a provare a rianimare la nonna prima che ci andasse a preparare la lista per gli ingressi in quel noto locale chiamato Paradiso.
Secondo flashback.Il buco da sigaretta accesa sul giubotto vecchio della robe di kappa che mio padre aveva preso con ventoridicimille punti alla Esso.
Mi vergogno come un cane di aver messo la giacca della robe di kappa, mi sta male, mi sta grande, e ha un buco da sigaretta, insomma sembro uno spacciatore di ultima e non mi va di apparire come un me stesso più giovane e meno rock.L'inquadratura si allarga, sono sulla stessa panchina di cui sopra.Sono al telefono con lo zio di cui sopra. Domani si opera, ma di quello ovviamente non parliamo, parliamo di calcio (ed e' tutto un dire se sapete quanto mi fa totalmente schifo il calcio), parliamo di cugini, di milano del mio lavoro. Mi prende in giro, mi dice tanto e nulla, alla fine io vorrei parlare ancora, vorrei dirgli dell'ultima serie di cui vado orgoglioso, delle notti a leggere le sceneggiature, delle riunioni con gli attori, le visoni con i direttori, vorrei dire tanto e poi di più, ma lo zio e' stanco e le mie parole sono solo eco per sordi. Al telefono scivola mia zia, il resto sono parole sul pregare. Io, intanto ho perso la diga e ho la faccia da temporale estivo.
Terzo flashback in bianco.La t-shirt degli X-Men, la camicia a quadri elasticizzata da tamarro.
A Bologna mi sono comparto un vestito da tamarro nerd la settimana scorsa.Ne vado fiero, a 16 non avevo i soldi per vestirmi cosi e restavo imbardato nei vestiti usati di mio cugino con due taglie e due gusti di troppo.La panchina e' la medesima, la telefonata e' finita, il temporale estivo pure. Mia madre dice poco, poi entriamo nella Chiesa della stazione e preghiamo. Lei dietro ed io due file più avanti. Prego e poi mentre usciamo vedo mia madre che mi sorride. E allora l'inquadratura si allarga ed io mia madre siamo le iene di tarantino ma senza cravatta ma con la stessa classe nel passeggiare verso la macchina da presa, il mio sorriso rock e' un dito medio a tutti i bestemmiatori, il resto dissolve nel bianco.
Quarto flashback.La borsa della pquadro nuova, che e' figa e l'ho comparata da solo (senza l'aiuto di una gnokka).
La stazione e' quella dei flashback sopra, io ho una bella borsa mia madre la guarda e mi chiede se e' un regalo, io dico di no. La seconda domanda di mia madre arriva puntuale come untreno olandese (treanitalia socaaaaa): ma possibile che non hai conosciuto nessuna signorina?Io ci penso un attimo, ripenso all'operazione di mia madre, ripenso alla prossima, la guardo cosi bella nei sui sessantanni portati male, con il suo cappotto fuori moda, ed il suo taglio di cappelli fatto in casa, penso ai suoi occhiali da sole portati non per moda, e sorrido.Distolgo lo sguardo da lei e fingo di guardare la minigonna di una phegaa di legno che passa con la sua louise non-so-perche-vitton. Mia madre si ingiudaballerina, io scherzo, e dico: non mi vuole nessuna. Nessuna, che ha il sapore dei sms non risposti, delle chiamate non risposte, dello stronzo che sono con tutte.Ma nessuna ha solo il senso di un giro di basso dei deep purple prima dei pensieri sbagliati su L'unica RagazZa, ed i ricordi di lei sono la voce di Ian Gillan nella playlist della mia memoria.Poi mia madre, mi dice solo qualcosa che suona lontano e finisce per sasicc' e friarell' mentre l'inquadratura si allarga su di una dissolvenza in bianco.
Ultimo flashbackLa metro verde di milano ed una coppia romana che dialoga accanto a me.
Lei ha l'accento romano e parla in quel romanesco che sa d'italiano troncato.A me lei sembra la voce narrante e dissacrante dell'ironica V. di questo blog che in questo periodo mi fa compagnia nelle letture.Poi i due smettonono di essere rumore di fondo e posso distinguere i dialoghi. In tre battute capisco che la lei della coppia e' a quinterdodicimila album di distanza dalla voce narrante del blog di cui sopra, ed io mi perdo nello scrivere questo post sul mio blackberry. arriva la mia fermata, riprendo contatto con la realtà, mi volto prima di uscire e guardo la coppia, e mentalmente auguro alla v. del blog di cui prima di trovare un figo come quello della coppia (fidati era una combo tra un punk-a-bestia ed un modello) e di non fare mai dialoghi come la lei della coppia.
Il resto e' una dissolvenza in nero su di me che in una domenica pomeriggio cerco di Mettere Ordine in Casa, mentre mi lavo la faccia per riprendere fiato dall'apnea di una domenica che forse non dimenticherò.
giovedì 1 marzo 2012
[diario]: viaggiare in tram, in metro, in bus o con la fantasia (e spesso senza biglietto)
Gentili Tutti,
benvenuti ad una nuova fantastica (#credici) puntata della rubrica [diario].
Come i miei amati 42 lettori sanno, questa rubrica è semplicemente un flusso di coscienza, libero e puro (se puro io? non sono più puro da quando avevo 13 anni, e ho scoperto ....), che coglie un trentacinquenne come me quando la voglia di tv sparisce e la necessità di condividere i pensieri straripa su di una tastiera.
Non so se capita spesso anche a voi, ma io quando sono in metro o in tram, immagino, sogno, indago.
I miei sguardi furtivi sono tutti per gli altri passeggeri, li analizzo come un novello e più stupido Sherlok (si quello del telefilm! i romanzi? eh???!), cercando d’immaginare le loro vite oltre quel viaggio, le loro vite oltre.
Ma fidatevi di me se vi dico che nel mio indagare non c’è malizia, ma pura e semplice curiosità. Sono curioso, per natura e amo imparare, e cerco in tutti quelli che incrocio nella mia vita di trovare uno spunto, una frazione che mi permetta di comprendere vite distanti e mai tangenti alla mia.
Oh, già vi vedo pronti davanti ai vostri schermi, a lamentarvi della mia ennesima filosofia da blogger , ma se avrete pazienza forse vi divertire con me in questo stupido viaggio nell’universo dei viaggiatori.
Nella mia vita ho vissuto e lavorato in molte città, ma in ogni città ho trovato le medesime abitudini di viaggio.
Tipologie di viaggiatore:
1 – il disperso nella lettura. Che sia un quotidiano (ovviamente freepress) o un libro, il loro sguardo è sempre simile: sognante. Hanno l’aria di chi il viaggio lo ama e lo vive come un’isola felice dove regna il tempo di qualche pagina. Sono vestiti distrattamente, non hanno la fissa dell’abbinamento, e questo perché per loro uscire di casa è funzionale solo al poter leggere.
2 – il cellulare. Mediamente hanno circa 16 – 35 anni, e passano le loro brevi trasferte in metro o in tram con gli occhi puntati su uno schermo, mediamente I-coso, tra sms, email o whatapp , sorridono ciclicamente. Alla fine penso che il loro scrivere e leggere compulsivo ignorando il mondo e l’umanità che fa da cornice al loro viaggio, sia mirato unicamente al non sentirsi soli. Nel loro sporadico sorriso trovano la soddisfazione del tanto digitare. Che poi sorridano per una mail di lavoro, o per un sms di amici, amiche, mogli, mariti o amanti non ha valore, tutto è scritto e letto solo in funzione del sorriso.
3 – fissità tipica del gatto. Sono quelli che non sono in tram o metro ma in un mondo parallelo, in cui la loro vita è stata messa in “pause” sul grande dvd della vita per la durata del viaggio. Sono immobili, ghiacciati, senza espressione, sembrano dei manichini vestiti (di solito male) fuori stagione. Per loro il viaggio non conta, conta solo il loro pensare.
4 – impazienti. Agitati cronici, spesso studenti o manager, per loro il viaggio è una sofferenza, una tortura di cui farebbero volentieri a meno. Sono vestiti “allentati”, tutto è affanno nel loro essere, non stanno seduti e guardano il cellulare solo per distinguere l’orario. Vivono spesso in prossimità delle porte e leggono i nomi delle fermate anche se conoscono a memoria il tragitto.
5 – maniaci delle pulizie. Hanno un fazzoletto e si tengono alle aste anti-caduta (o come giudaballerino si chiamano) solo attraverso un fazzoletto di carta usa e getta. Sono infastiditi, non amano chi li circonda e considerano il resto dei viaggiatori un peso. Passerebbero le loro vite nelle loro immacolate auto, ma per via delle ZTL o del costo della benzina sono costretti ad abbassarsi ai mezzi pubblici.
6 – i gruppi. Che siano ragazzini o signori in gita, hanno tutto un sorriso stupito per ogni fermata. Non amano il viaggio ma amano il condividere il viaggio con gli amici o i colleghi. La loro caratteristica: spettegolano di tutto e di tutti. Se con discrezione li ascoltate potrete sapere più informazioni di una wikipidia verbale a luci rosse.
7 – i pazzi. Quelli a cui il destino ha giocato lo scherzo di guardare il mondo con troppa emotività. Sono incasinati, sporchi e attacca parole, il solo scrutarli farà nascere una conversazione con voi, che nella maggior parte dei casi continuerà anche quando voi sarete usciti dalla metro e loro diretti al capolinea.
8 – gli anziani. Semplicemente emozionati dalla paura del viaggio, che vi rivolgeranno la parola a qualsiasi costo, per sentirsi meno soli. A me ricordano i blogger, anche loro come me, sono spinti dalla necessità di esprimere il traffico che hanno dentro, con chiunque, nella speranza di sentirsi meno soli.
9 – Gli osservatori. Ehi calma, non ho detto quelli della serie tv Buffy, questi sono quelli che come me vi scrutano e provano ad immaginarvi. Vi guardano le scarpe, i vestiti, ma sono discreti e divertiti, insomma fondamentalmente curiosi.
Beh, questi sono i miei compagni di viaggio da quando tredicenne timido presi la metro da solo per la prima volta. Sono sempre diversi ma sempre uguali, cambiano nell’abbigliamento ma non nelle tipologie. E grazie a loro che ogni volta che salgo in un tram, in un autobus, in una metro, in un treno mi sento un pochino a casa.
A loro va il mio grazie, perché a loro modo anche loro, ci sono sempre stati.
Quando piangevo per L’unica RagazZa, quando chiudevo le telefonate con mia madre, quando incerto mi chiedevo cosa ne sarebbe stato di me al lavoro, quando distrattamente tremavo per un esame che non avevo studiato, o quando semplicemente ho trascorso un pezzo della mia vita con loro.
Grazie a tutti voi che non mi avete mai conosciuto.
Ah, se salite in un mezzo pubblico domani, guardatevi intorno, se un ragazzo vi sorride, non è un cretino che ci sta provando, ma forse sono io che vi sto dando un posto nella mia temporanea famiglia viaggiante.
well, siamo arrivati. Si scende, dai tutti in fila usciamo dalla mia mente, che anche per oggi ho provato a Mettere Ordine in Casa.